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lunedì 15 marzo 2010

Scuola SUPERIORE: una riforma da brividi


di Marina Boscaino
“Devo educare i miei figli per vivere in un Paese civile o per vivere in Italia?”: domanda non oziosa. Sabato, piazza del Popolo, uno dei tanti striscioni, un bel pomeriggio di democrazia, speranze, promesse.
Tra due settimane si chiudono le iscrizioni e le famiglie iscriveranno i figli nella prima classe di una scuola che non c’è. Infatti la “riforma” della superiore non è ancora legge e – giuridicamente – in Italia vigono ancora i vecchi ordinamenti: assenza di procedure legittime, dunque, e una serie di conseguenze.

L’ostinazione a far partire da
settembre una “riforma” priva di riferimenti legislativi non è un progetto culturale, ma economico: più precisamente, risiede nella Finanziaria 2009, che determina una serie di tagli che non possono essere evitati, pena il fallimento della “cura da cavallo” per la scuola, che ci fu annunciata nell’estate 2008 e che si sostanzia in 7,6 miliardi di euro in meno tra il 2009 e il 2011. Rimandare è impossibile.

La persuasione mediatica agisce non solo dai Tg. Fate un giro sul sito del ministero: troverete un accattivante vademecum per studenti e famiglie, che racconta la “riforma epocale”, contravvenendo al principio di realtà, legittimità e soprattutto responsabilità
civile e politica. Il profluvio di opuscoli che illustrano il nulla è incessante (ricordiamoci poi di chiedere il costo dell’operazione a chi ha tagliato 140.000 posti di lavoro). Parole che inverano realtà inesistenti: nel mondo vero, quello dei tagli, dell’edilizia scolastica fuorilegge, quello del miliardo di debito con le scuole italiane, che il ministero ha già annunciato che non verrà mai refuso, quello che precarizza esistenze a getto continuo, la musica è ben diversa dalle immagini patinate e rassicuranti: è il caos più completo, con le scuole che si vedranno costrette ad organizzare la proposta formativa e a fare i conti con il taglio delle cattedre e con il soprannumero degli insegnanti dopo la chiusura delle iscrizioni, ammesso che la Corte dei Conti non sollevi questioni e che Napolitano firmi. Quando cioè, secondo la legislazione (ancora) vigente, il testo sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale e sarà legge.

Intanto la scuola superiore – che finora ha svogliatamente e colpevolmente solo assistito alla costruzione della propria distruzione
– si sta svegliando: mozioni di collegi docenti che chiedono lo spostamento di un anno dell’entrata in vigore della riforma; altri che decidono di agire nella legalità e proporre gli ordinamenti ancora in vigore; comitati misti, docenti-studenti-genitori che organizzano contro-informazione, presìdi permanenti che coinvolgono anche le elementari, vittime fresche della prima ondata di tagli selvaggi.
L’avvio del riordino senza la conclusione dell’iter previsto comporta il modo improvvisato e dilettantesco con cui stanno riempiendo quell’abominio sociale, giuridico, economico e culturale che chiamano “riforma”. Manca il regolamento sulle classi di concorso, che verranno rivoluzionate, e che è ancora ben lontano dall’essere approvato: in sostanza le “materie” e i titoli che si devono avere per insegnarle.
La CM 18/2 che dà avvio alle iscrizioni è priva di presupposti legislativi, come si è detto inesistenti, essendo
stata emanata prima dell’adozione definitiva dei regolamenti.

È per questo che la Cgil ha inoltrato ricorso al Tar del Lazio. La “riforma” viola l’autonomia delle scuole, alle quali vengono assegnati i nuovi indirizzi
in modo “automatico” dal MIUR, senza che abbiano potuto presentare all’USR e alla Regione le loro motivate proposte, invadendo le competenze sulla definizione del piano dell’offerta formativa territoriale, prerogativa di provincia e Regione, mettendo in discussione il necessario legame fra scuola e ambito sociale in cui opera. Lo scippo di competenze perpetrato dal ministero ai danni delle regioni potrebbe essere oggetto di ricorso da parte, al momento, di Emilia Romagna, Marche, Piemonte e Toscana. Mancano gli obiettivi di apprendimento e moltissimo ancora. Solo “quadri orario”: questa è la loro “riforma”. Che vuol dire unicamente taglio, circa il 10% di tempo scuola in meno, con i conseguenti posti di lavoro.
Dismessi pedagogia, didattica, cultura, cittadinanza, emancipazione. Non dobbiamo stancarci di ripetere: tutti devono sapere quello che sia sta facendo, e come, alla scuola della Costituzione.

da IL FATTO del 14 marzo 2010

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