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giovedì 8 luglio 2010

RIFLESSIONI sul tempo scuola a 36 ORE

Volevamo fare alcune considerazioni sulla proposta ricevuta dalla scuola per la riduzione d'orario a 36 ore ed offrire degli spunti di riflessione.

Si sente dire che "in quella scuola questo non succede", "nella scuola tale funziona così" ma bisogna tener presente che ogni scuola intraprende azioni in base a proprie situazioni e quindi sono diverse da scuola a scuola.
Sicuramente a Torino non hanno intrapreso la riduzione d'orario scolastico, ma siamo sicuri che la qualità sia rimasta invariata?


Qui a Druento il collegio docenti ha optato per la scelta di garantire una scuola di "qualità" a 36 ore piuttosto che un "parcheggio" a 40 ore. Sicuramente si possono mantenere le 40 ore ma altrettanto sicuramente a discapito di qualcosa. 

Noi dovremmo valutare la nostra realtà senza fare paragoni con altre scuole ma piuttosto informarci di cosa avviene là per poter fare proposte nuove per migliorare la nostra scuola a Druento come per esempio togliere il tempo scuola dalla mensa anziché lasciare i bambini a casa il venerdì pomeriggio o anche vagliare la possibilità di sfruttare le tante associazioni che ci sono sul nostro territorio.
Quando si parla con altri genitori di altri comuni bisognerebbe ampliare il discorso perché magari si scopre che a Torino la mensa costa di meno ma hanno i precotti e se il discorso si ferma solo su quello economico questo aspetto non salta fuori e si è subito pronti a lamentarsi che "a Torino funziona diverso".


Inoltre sarebbe bello se la gente uscisse dall'individualismo ed ampliasse lo sguardo anche sugli altri e valutasse, nella scelta se passare dalle 40 ore alle 36 ore, anche le esigenze delle persone meno fortunate che non possono tenere i bambini a casa, anche perché l'obiettivo della legge è portare la scuola a 24 ore e piano piano ci arriveremo.
Qualche genitore sostiene che anche noi avevamo il maestro unico e ne siamo usciti senza problemi. Ci chiediamo, però, perché rinunciare ad una scuola che si è evoluta per ritornare alla scuola del passato. Chi di voi rinuncerebbe al benessere che vive ora per ritornare alla vita che facevano i nostri genitori un tempo?"

 

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venerdì 2 luglio 2010

La matematica non è un opinione

di Paolo Corticelli
Saranno ben 705 gli insegnanti in meno, a fronte di 1983 alunni in più, nella scuola primaria di Milano e provincia (dati forniti dalla Cgil). Non solo. I tagli alle scuole dell’obbligo del Comune di Milano hanno raggiunto la ragguardevole cifra di 595mila 433 euro. In altri termini: nel 2009 lo stanziamento era stato di oltre 2 milioni 114mila euro, quest’anno la cifra è di poco superiore al milione 519mila. In queste condizioni, il diritto allo studio non è più garantito. Lo denuncia in una nota il Partito democratico del capoluogo lombardo. Il Miur, ministero dell’istruzione,

dell’università, della ricerca, insiste in Lombardia come nelle altre regioni italiane con la sua opera di disinformazone,

all’insegna del “tutto va bene, non ci sono problemi”, senza però spiegare quale scarto ci sia tra le richieste delle famiglie e le risposte degli Uffici scolastici regionali, né quante classi a modulo – con tre rientri settimanali - sono sparite. Anzi, il direttore regionale della Lombardia, Giuseppe Colosio, diffonde un ottimistico comunicato stampa in cui dichiara il suo stupore di fronte alle manifestazioni di genitori e insegnanti.

Vediamo allora di fare chiarezza su cosa sia il tempo pieno e il tempo scuola di 40 ore settimanali (indicato talora impropriamente – o furbescamente – come tempo lungo).

In altri termini, si vorrebbe far apparire il tempo scuola di 40 ore settimanali del tutto analogo al tempo pieno che è sì di 40 ore per gli alunni, ma viene attuato da 44 ore di tempo docenti, utilizzando quattro ore di compresenza da parte di due docenti, ciascuno dei quali dispone di 22 ore settimanali di insegnamento, oggi cancellate dalla (pseudo) riforma Gelmini. Quindi è doveroso che le famiglie sappiano la differenza tra un’offerta formativa attuabile con le 44 ore e un’altra di 40 ore, ovvero senza la possibilità di operare per piccoli gruppi di alunni, realizzare progetti che prevedono la contemporanea presenza di due insegnanti contitolari sulla stessa classe, garantire le uscite didattiche per le quali vige ancora il rapporto numerico un docente per 15 alunni. Ci chiediamo quale insegnante unico possa condurre una classe in uscita didattica – a teatro, in visita a un museo, per la gita scolastica - tenendo conto che ormai il parametro numerico per classe spesso è di un docente per 28 alunni.

Altra considerazione da sottolineare: si sono investiti risorse economiche di tutto rispetto, negli anni scorsi, per la formazione di questi insegnanti in ambiti disciplinari specifici, a garanzia di una scuola pubblica di qualità che in particolar modo nel settore della scuola primaria ha rappresentato e rappresenta un fiore all’occhiello per l’insegnamento nel nostro Paese, un plus riconosciuto a livello europeo. Come è possibile, dati alla mano, che a fronte di tagli pesantissimi fra i docenti, operati dal ministero, si sostenga che il tempo pieno in realtà è aumentato? Di quale tempo pieno parla il Miur? Allora si è rivelato fondato il timore di totale impoverimento della scuola pubblica, più volte manifestato da chi vi opera da anni e ne conosce a fondo l’organizzazione – docenti, dirigenti scolastici, organizzazioni sindacali – a fronte dei tagli pesanti, spacciati per necessità di razionalizzazione. Ciascuno si assuma le proprie responsabilità e informi correttamente l’opinione pubblica, almeno questo si chiede. E pertanto il Miur affermi una volta per tutte che la scuola primaria, in particolare, non è certo quella scelta dalle famiglie (il 92% aveva indicato nel tempo pieno la propria opzione). Cosa accadrà a settembre? Gli alunni resteranno a scuola come prima (8,30-16,30), ma in maniera diversa rispetto alle aspettative “di qualità”. Vi rimarranno con un tempo scuola – ecco il tempo lungo – “a spezzatino”, ovvero con molti docenti che si alterneranno per coprire le ore e la mensa, senza che sia attuabile un programma didattico coeso e proficuo. Perché 40 ore non sono 44, a meno che non sia invalso l’uso di un’aritmetica creativa negli ambienti ministeriali.

Da IL FATTO QUOTIDIANO del 2 luglio 2010


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