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domenica 7 marzo 2010

Riflessione sulla scuola dopo l’orgoglio della Gelmini per i 5 in condotta

Riportiamo un testo, scritto da Daria Bignardi sul suo blog, inerente il voto in condotta che riteniamo possa far riflettere.

I dati sono appena usciti: sulle pagelle del primo quadrimestre, quest’anno, ci sono diecimila insufficienze in condotta in più dell’anno scorso. E sono peggiorati anche i voti in tutte le altre materie. Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini commenta, fieramente: «La nostra scuola è lontana da quella del 6 politico». Io la vedo in un altro modo: la nostra scuola non è migliore perché è più severa, la nostra scuola purtroppo peggiora di anno in anno. Quest’anno i docenti sono esasperati, per non dire abbrutiti, da quella che è la condizione della scuola pubblica. La mancanza di fondi è cronica: sono moltissimi gli insegnanti che non saranno mai pagati per le ore extra che sono stati obbligati a fare l’anno scorso, per dirne una. Altro che «tre i», informatica, inglese e impresa: nella scuola manca tutto, dalle risme di fogli per le fotocopie alla carta igienica in bagno, a Milano come a Palermo. E gli insegnanti sono comprensibilmente stressati e sfiduciati. Detto questo, gli scolari, sia alle elementari che alle medie e alle superiori, sono molto più maleducati che dieci o venti o trent’anni fa. Nella scuola del 6 politico tanto paventata dal ministro Gelmini i ragazzi non erano i barbari che sono diventati oggi. Per colpa di chi? Di noi genitori, prima di tutto, che li viziamo troppo. Prima li coviamo come bebè, e in terza elementare ancora non sanno allacciarsi le scarpe da soli, stare fermi nel banco o tacere quando parla un adulto. Poi, stremati, li abbandoniamo: quelli delle medie passano più tempo davanti alla Playstation e alla Tv o su Messenger che non sui libri, e il rispetto per gli adulti, tranne poche eccezioni, non sanno neanche cosa sia. Colpa nostra, certo. Ma colpa soprattutto di una società, di uno Stato, che, da Tangentopoli in avanti, non ha saputo ritrovare il rispetto di sé. Tutti urlano, fregano, insultano, tutti fanno i furbi, in televisione, in Parlamento e sui giornali. E perché i nostri bambini dovrebbero crescere rispettosi e educati, se questo è l’esempio che gli diamo? Li abbandoniamo a una società che gli dice che l’aspetto fisico, i soldi e il successo sono la cosa più importante: come potrebbero crescere diversamente da come stanno crescendo? Essere genitori, oggi, per chi non vuole crescere i figli in una torre d’avorio, è la cosa più difficile che ci sia. Ma se è vero che la condotta dei ragazzi è solo il riflesso della miseria del Paese, è ancora più vero che la miseria del Paese si supera solo educando i ragazzi. Alla consegna delle pagelle, sia alle elementari che alle medie, quest’anno, ho incontrato maestre e professori mortificati dall’incapacità di autodisciplina degli scolari. Il problema è che è l’Italia a essere indisciplinata. Il problema siamo noi. Ci manca drammaticamente il senso del bene comune, e stiamo allevando dei giovani individualisti, egoisti e maleducati. Quelli del sei politico erano piccoli lord, o giovani Gandhi, rispetto a questi ragazzi, caro ministro.

su Vanity Fair 9/2010

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